Julie (Jessica Weixler) è una giovanissima ragazza che vive a New York insieme a Natalie (Stefania Rocca), un’italiana un po’ più grande di lei. Julie è fragile, ingenua e sognatrice così Natalie se ne prende cura cercando di sostituire un ruolo parentale assente nella vita della giovane. Ma quando la ragazza conosce lo scrittore Max Oliver (Willem Dafoe) ne rimane affascinata e talmente coinvolta da decidere di seguirlo in Italia e neanche Natalie, sebbene la sconsigli di fare una scelta troppo precipitosa, riesce a dissuaderla. A Max è da poco morta la moglie, Lucia Giordano (Mariela Franganillo), Julie vuole a tutti i costi che l’uomo non senta la sua mancanza e si vota affinché grazie a lei ritrovi il sorriso e la voglia di vivere. Questa sorta di “amore a progetto” pian piano diventa per la giovane lo scopo della sua vita, una missione, un assillo. I due si traferiscono quindi ad Otranto dove la devozione di Julie per l’uomo ben presto si trasforma nel terrore di non essere all’altezza di Lucia Giordano, la cui ombra incombe su di lei e la perseguita anche per aver ritrovato in soffitta un vecchio filmato, che guarda e riguarda, in cui la donna si lascia andare ad un infinito tango con un ballerino, ripresa dal marito. Ad Otranto spunta un ragazzo, Vincenzo (Michele Venitucci), la cui figura ambigua si dipanerà (fino ad un certo punto) nel finale. Dopo qualche mese la coppia è raggiunta in Italia da Natalie che nel frattempo era rimasta incinta ma a cui, dice, manca “il tocco di un uomo”. Intanto Julie è sempre più perseguitata dal “fantasma” di Lucia Giordano, la defunta moglie di Max, e né i tentativi di imitarla e di vestire i suoi panni né le rassicurazioni dello scrittore riescono ad evitare l’impennata della ragazza verso la malattia mentale.
La trama di A Woman è accattivante, il risultato purtroppo un po’ meno. La pellicola naufraga su tutti i versanti, tranne la colonna sonora di Angelo Badalamenti (autore tra l’altro delle musiche di Mulholland Drive di Lynch, per intenderci). Il peccato originale di A Woman, spiace dirlo, sta nella regia e nella sceneggiatura curate entrambe da Giada Colagrande. Lo script a tratti è al limite dell’imbarazzante, lacunoso, superficiale, monco, minuscolo. La regia va un po’ meglio ma non riesce a dare un colpo d’ali e si arrabatta in tinte ora oniriche, ora noir, che non danno mai l’idea di un vero e proprio perché, coerente, profondo e soprattutto credibile. E così anche il tentativo di connotare i personaggi svanisce dopo i primi minuti di pellicola. La stessa figura della giovanissima donna incuriosita, attratta dall’uomo maturo e “trasgressiva” non pare avere la forza che ha fatto la fortuna (e la bellezza) di personaggi analoghi sia al cinema che in letteratura. Julie diventa così una sorta di Lolita a metà tra la piccola fiammiferaia e la crocerossina del terzo piano che assiste e asseconda tutto il condominio. Sarà forse per questo che Jess Weixler non pare trovarsi troppo bene nei suoi panni, tanto che la recitazione di Stefania Rocca a confronto di quella dell’attrice statunitense (la quale invece convinse in Denti) sembra perfino buona. La Colagrande si è lasciata forse condizionare troppo dalle installazioni artistiche, delle quali è autrice e maestra anche collaborando con Marina Abramovic, e non ha saputo ancora collocare il suo talento, che comunque si intravede, con il linguaggio, la creatività e le tecniche del cinema. E così, prendendo in esame anche il girato, ne esce un film decisamente piatto, estenuantemente orizzontale e, volendo fare le pulci, con diverse sviste nella scenografia e nella coerenza dei personaggi minori.
Se attore e regista sono anche marito e moglie e decidono di lavorare insieme, o si chiamano Federico Fellini e Giulietta Masina oppure l’attore vada sul sicuro e reciti con Lars Von Trier. Infatti, in tutto ciò, anche Willem Dafoe, marito di Giada Colagrande, diventa irriconoscibile. Cosa non si fa per amore.
Lucca 2017: la recensione di A Woman di Giada Colagrande
L'eclettica Giada Colagrande racconta una vicenda potenzialmente molto interessante che però soffre degli evidenti limiti di uno script problematico.