La sovrapposizione di diverse realtà cinematografiche è un’azione drastica che può portare al successo o all’involontario nonsense di un film. Sfortunatamente Quando un padre di Mark Williams, pellicola presentata fuori concorso al Lucca Film Festival e Europa Cinema, è più vicina al secondo dei due casi.
Dane Jensen è un “cacciatore di teste”, un consulente per una società di collocamento che ha come clienti le più grandi aziende di Chicago. Lavorando tutto il giorno per offrire una vita agiata alla propria famiglia, non riesce ad avere una presenza costante nella vita di sua moglie e dei suoi tre figli. Le cose cambieranno quando il suo primogenito si ammalerà gravemente.
Partendo dal titolo notiamo la strana natura di questa pellicola: l’originale The Headhunter’s Calling concentra l’attenzione sulla professione del protagonista, mentre il titolo italiano addolcisce la pillola e si sposta verso l’ambito più familiare e prettamente umano. In realtà, nessuno dei due sbaglia completamente, ma neanche uno ha pienamente ragione.
La difficoltà di definire la natura fondamentale della storia non la rende né sperimentale né godibile fino in fondo. Il lavoro di Dane (interpretato da un ottimo Gerard Butler) è, sulla carta, l’aspetto più affascinante dell’intero film; basti pensare alle buone scene in cui è suo figlio a spiegare al pubblico quale sia il lavoro del padre, cambiandone drasticamente la natura intrinseca, seguendo il mantra “spiegamelo come se avessi soltanto quattro anni” di Denzel Washington in Philadelphia. La pellicola avrebbe potuto regalare tanto se incentrata prevalentemente sulle dure scelte professionali di Dane, ma Williams preferisce prendere tutt’altra direzione. Così il luogo di lavoro non viene mai ben caratterizzato e definito perché sorpassato e completamente avvolto da un dramma sentimentale particolarmente prevedibile. La professione di Dane (non più protagonista in tutta la seconda metà) è delimitata da dialoghi ripetitivi e spezzettati che non arricchiscono minimamente il personaggio. Nei primi dieci minuti, gli uffici affollati, i telefoni che squillano all’impazzata e i fiumi di denaro fanno credere di essere davanti a una sorta di La grande scommessa, ma, dopo poco, capiamo che siamo molto più vicini a La custode di mia sorella.
La sceneggiatura, sentimentalmente da manuale, declina verso litigi tra marito e moglie che infastidiscono per la loro banalità e scarsità di contenuti. Il finale è un inno ai buoni sentimenti che conclude una narrazione ormai priva di qualunque scopo. Tutti i personaggi comprendono che il bene vince sempre, anche nei peggiori uffici di Chicago (ci ripensa perfino il magnate intransigente interpretato da Willem Dafoe), la famiglia è più importante del lavoro e da un piccolo gesto d’affetto può nascere uno splendente futuro. Ma no, non siete di fronte al nuovo classico Disney: ricordatevi che è un film su un “cacciatore di teste”.
Lucca 2017 – Quando Un Padre, la recensione in anteprima europea
Gerard Butler e Willem Dafoe sono i protagonisti di questa pellicola presentata in anteprima al Lucca Film Festival e Europa Cinema.