È la vicenda di Masetto da Lamporecchio, raccontata nella prima novella della terza giornata del Decameron di Giovanni Boccaccio, l’ispirazione principale per The Little Hours, libero adattamento firmato da Jeff Baena che, dopo aver aperto l’edizione 2017 del Sundance, approda al Lucca Film Festival e Europa Cinema insieme al regista e alla protagonista e produttrice Aubrey Plaza (qui il nostro incontro).
La vicenda, ricca di colpi di scena, si svolge attorno a un monastero medievale in cui la vita delle suore – già meno noiosa di quanto non sarebbe lecito aspettarsi – viene sconvolta dall’arrivo di un nuovo e aitante tuttofare sordomuto – che sordomuto non è. A svettare sin dalla locandina è il sempre versatile e maiuscolo John C. Reilly (Guardiani della Galassia, Kong – Skull Island, Carnage, Magnolia), cioè il prete responsabile di aver introdotto il bello e divertente Dave Franco (Now You See Me) nel convento; ma anche il casting delle ‘sante donne’ si rivela sorprendente: oltre a Kate Micucci (The Big Bang Theory), caratterista e voice actress sempre impeccabile, troviamo le seducenti Alison Brie (Community, BoJack Horseman) e Aubrey Plaza (Legion, Scott Pilgrim Vs The World). Menzione a parte merita il diverte vescovo di Fred Armisen, veterano del Saturday Night Live che contribuisce in modo decisivo al risultato finale.
Il casting risulta particolarmente azzeccato (anche per quanto concerne le suore, che se inizialmente sembrano fuori parte poi si riveleranno adeguate agli sviluppi licenziosi della storia), e le interpretazioni sono tutte di livello eccellente. Baena, qui anche sceneggiatore, lascia interdetti con la scelta di dialoghi che in alcuni momenti cercano la risata (senza riuscirvi) con toni che ricordano più quelli di una gang del ghetto che il setting medievale dell’opera, ma a parte questo propone un intrigo ben congegnato e nella seconda parte garantisce un crescendo di risate memorabile.
È però sui dettagli che cade la pellicola. Se infatti i momenti più divertenti del film sono supportati dagli ottimi tempi di regia e montaggio, lo stesso non si può dire per l’inizio del film, che manifesta più di un’incertezza (in particolare con un uso inspiegabile e anacronistico dello zoom). I mezzi poveri – poverissimi – della produzione sono fin troppo evidenti, e la scelta di mostrare un castello con due sole guardie, sempre gli stessi due (pessimi) figuranti, con costumi degni di una rievocazione storica di un piccolo comune di provincia, dà un eccessivo sapore amatoriale all’insieme. Addirittura il make-up, che non dovrebbe certo rappresentare un problema nemmeno nella più modesta delle produzioni, qui sembra fuori luogo: le labbra lucide e rosa, la pelle perfetta e le sopracciglia ad ali di gabbiano di Aubrey Plaza non trovano alcuna giustificazione, nemmeno negli sviluppi finali della storia.
Quel che però assume proporzioni vergognose è il fallimento della fotografia, diretta da Quyen Tran: l’indecorosa approssimazione dell’illuminazione, la predilezione per il famigerato ‘smarmellamento’ e gli esiti completamente ridicoli dell’illuminazione notturna sono indegni anche del più scalcinato dei corti amatoriali. Probabilmente non abbiamo mai visto qualcosa di così brutto in sala.
Al netto di tanti piccoli e grandi difetti, The Little Hours rimane comunque un film ben interpretato e a tratti assolutamente divertente, che vi invitiamo a vedere, avvertendovi sulla necessità di una buona dose di tolleranza verso la discutibilissima realizzazione tecnica.
Lucca 2017: The Little Hours, tante risate e monache sexy per raccontare Boccaccio (recensione)
Al Lucca Film Festival in anteprima italiana il nuovo film di Baena con John C. Reilly e Aubrey Plaza, girato in Toscana e presentato al Sundance.