Cinema, teatro, musica, danza, performing arts. La regista Giada Colagrande raccoglie tutte le arti possibili e decide di fonderle insieme per il suo Padre, film presentato in anteprima nazionale al Lucca Film Festival e Europa Cinema 2017.
Giulia ha appena perso suo padre. Nei giorni successivi al funerale, la donna continua a percepire la sua presenza nella casa in cui vivevano insieme.
In prima battuta, la pellicola appare come l’ennesima elaborazione della perdita di un genitore: Giulia è completamente bloccata e non riesce a superare una scomparsa con la quale non è in grado di fare i conti. Lo spirito di suo padre è vivo, costante, come se lui fosse ancora lì con lei. Le riflessioni intrecciano il lutto con la forza della memoria: quelli che vediamo sono ricordi? In realtà no, perché la regista sterza con energia verso il sovrannaturale. “Quando apri quella porta non sai mai quello che può entrare” dice un amico a Giulia in una battuta che si pone in bilico tra Insidious e American Horror Story.
A interpretare Giulia è la stessa regista Giada Colagrande mentre il ruolo maschile principale è riservato a Willem Dafoe (compagno della Colagrande nella vita). Il personaggio di Dafoe dà interessanti lezioni di teatro, cita Marta Graham, parla inglese e anche un simpatico italiano, fa veramente di tutto per mettersi al servizio totale e incondizionato dello script.
Nel corso della narrazione, si passa da un film con altissime pretese artistiche (c’è spazio anche per dei camei di Marina Abramovic via Skype) a un film mistico-paranormale. Non diventa mai un cinema di genere vero e proprio, ma le scene in penombra aumentano, i sospiri si dilatano e i continui riferimenti all’aldilà ci fanno credere che, forse, confezionare un vero e proprio thriller-horror sarebbe stata una mossa più decisa e coraggiosa. La pellicola fa convergere il suo essere artista in un misticismo totalmente ateo, privo di qualunque riferimento a una o più religioni: le massime del film sono di natura filosofica, sono poesie o testi catartici lasciati dal padre a Giulia. Inoltre, lo spirito del padre comunica con la figlia attraverso la musica, unico contatto diretto tra una realtà e l’altra. È solo l’arte a condurre un’anima verso una dimensione altra da sé, e solo tramite le note musicali e i libri, il padre condurrà Giulia verso una vera e propria iniziazione. Se questo tema fosse stato il cardine dell’intera pellicola, Padre sarebbe riuscito a giustificare una sovraesposizione di tutte le arti (inserite lì a tutti i costi) e la decisione di addentrarsi in toni più inconsueti.
Un padre “morto di niente”, una figlia che vuole scoprire di più riguardo questa scomparsa, ma, soprattutto, un desiderio complessivo di voler essere così alternativi da scomodare Franco Battiato e una pseudo-seduta spiritica nello stesso film.
Lucca 2017: Padre di Giada Colagrande, le arti e gli spiriti (recensione)
Al Lucca Film Festival e Europa Cinema l'ultimo lavoro di Giada Colagrande, una storia sulla perdita e ciò che le sopravvive. Nel cast Willem Dafoe.