Il polacco naturalizzato britannico Rafael Kapelinski per approdare al cinema ha lasciato alle spalle un’avviata carriera di banchiere. Il gioco è valso la candela, dato che molti dei suoi cortometraggi sono stati insigniti di premi in giro per il mondo. Come si sa, però, il salto di qualità di un cineasta è quello del lungometraggio, e alla sua prima prova il polacco ci regala una pellicola buona ma ancora molto – troppo – acerba.
Butterfly Kisses, in concorso al Lucca Film Festival e Europa Cinema, ci offre uno spaccato della vita quotidiana di un gruppo di teenager nella degradata periferia inglese. I protagonisti, tre amici affiatati che si misurano con le prime esperienze sessuali e le prime scazzottate, riempiono le giornate tra chiacchiere da bar, il consumo di qualche stupefacente e qualche birra di troppo. Non un contesto idilliaco, certo, ma nemmeno un degrado irrecuperabile.
La scelta di una fotografia in bianco e nero, curata dal quasi esordiente Nick Cooke, non trova una vera giustificazione narrativa e sembra il classico pretesto per nobilitare un lavoro altrimenti povero nei mezzi e nelle idee. Uno dei problemi che affligge Butterly Kisses infatti è il suo non portarci da nessuna parte, l’incapacità dello script di Greer Ellison e Merlin Merton di scalfire la superficie e dipingere le motivazioni e i background di ciascuno dei protagonisti, che rimangono sagome insignificanti e completamente interscambiabili.
Il problema è che la bidimensionalità della scrittura va a scontrarsi con l’assenza del benché minimo arco narrativo: per la quasi totalità della pellicola infatti non facciamo che assistere alla ‘normalissima’ vita di periferia di tre teenager cui, nonostante tutto, finiamo in qualche modo per affezionarci. Sono lì, immobilizzati nella statica realtà suburbana, ma intravediamo del potenziale e speriamo per loro in un futuro migliore. In particolare la camera si sofferma più spesso sul pacioso e timido Jake (un Theo Stevenson la cui principale occupazione nel film è cercare di riprodurre il ‘sorriso storto’ di Harrison Ford), e nonostante qualche piccolo indizio inquietate finiamo comunque per empatizzare con lui.
A irrompere in questa monotona normalità, a soli cinque minuti dalla fine, è un colpo di scena (seguono spoiler) che vorrebbe cambiare completamente la lettura del film ma riesce solo a suscitare una certa irritazione per la sciatteria con cui è proposto. Dopo una serie di peripezie sentimentali non troppo fortunate, infatti, scopriamo che Jake si reca nella cameretta di una bambina vicina di casa e intuiamo le sue pulsioni pedofile, che comunque non hanno alcuna reificazione e che vengono prontamente punite dall’intervento delle forze dell’ordine. Il racconto di un teenager pedofilo potrebbe essere profondamente perturbante, certo, ma solo se non si fosse spesa l’interezza del film a farci capire che tutto sommato ‘è un bravo ragazzo’.
In tal senso è impossibile non confrontare le vicende raccontate in Butterly Kisses con Shut Up and Dance, raggelante episodio della terza stagione della serie di culto Black Mirror. Anche in quel caso parteggiavamo per tutta la pellicola per un ragazzetto per poi scoprire, tra il disgusto e il disprezzo, le sue pulsioni pedofile. A differenza dell’opera di Kapelinski però lì non ci veniva offerto un background dettagliato per il protagonista, e pertanto la naturale predisposizione a vederlo come un ‘bravo ragazzo’ era esclusivamente frutto dei preconcetti sociali. Se solo lo script del film presentato al Lucca Film Festival avesse mostrato meno e lasciato di più alla fantasia dello spettatore, allora sì che una ‘sorpresa’ capace di mettere in discussione tutte le nostre convinzioni sarebbe stata efficace.
E invece no. In Butterfly Kisses assistiamo a un’ora e mezza di normalità ottimamente girata ma inconcludente e a cinque minuti di svolta finale. Troppo poco per prendere veramente il film sul serio.
Lucca 2017: Butterfly Kisses, la perversione segreta di un teenager (recensione)
Nella periferia inglese la vita di un gruppo di amici trascorre tra birre, scazzottate e ragazze. Ma alla fine arriva il colpo di scena.