Il 15 settembre del 2009, con il film per la tv The Final Break, potevamo considerare chiusa Prison Break, la serie che dal 2005 ci aveva insegnato tutti i segreti per evadere dalle carceri di massima sicurezza d’oltreoceano. Il più classico dei finali, con il sacrificio estremo del protagonista e un messaggio in dvd per i suoi cari, un po’ come fece la povera Jen di Dawson’s Creek.
Già nel 2015 la Fox aveva annunciato la possibilità di un sequel, e ha mantenuto la promessa: il primo episodio della nuova stagione è andato in onda, negli Stati Uniti, lo scorso 4 aprile.
Abbiamo fatto un esperimento: abbiamo seguito l’intera puntata con una persona che non ha mai visto Prison Break in precedenza e abbiamo scoperto che questa quinta stagione è scritta, soprattutto, per gli habitué delle evasioni.
Nei primi minuti della nuova stagione un montaggio di vecchie scene ci ricorda dove eravamo. Agli occhi di un nuovo spettatore però questo recap non è bastato: sembra non essere chiaro il rapporto che T-Bag ha con i protagonisti e abbiamo percepito un po’ di scetticismo sulle capacità di Michael Scofield. Noi aficionados sappiamo bene che Scofield ne sa sempre una più del diavolo, ma chi ne sente parlare per la prima volta, per ora, può assumere questa verità soltanto attraverso una battuta di C-Note, compare di detenzione e di fuga: “Michael has never been anyone’s sucker. He’s always been in control, always”.
Questa quinta stagione sembra non deviare affatto dalle care vecchie abitudini: una cospirazione, inseguimenti, cazzotti, origami, qualche esplosione e tatuaggi. Nuovi. Per quanto tutto ciò sia riconoscibile e coerente col racconto precedente, dobbiamo comunque tenere conto che, negli anni in cui Scofield è stato off-screen, l’universo seriale ha alzato l’asticella della qualità con serie come – per fare un paio di esempi – House of Cards e Breaking Bad, facendo diventare un po’ tutti gli spettatori se non più consapevoli almeno più esigenti. L’esame che Paul Scheuring (creatore della serie e autore di questo episodio) deve affrontare non è semplice. Abbiamo già visto diversi tentativi di riportare in auge alcuni fenomeni del passato, da X-Files a Una Mamma Per Amica, e abbiamo potuto intuire quanto sia difficile non deludere le aspettative del pubblico (non vediamo l’ora di scoprire cosa combinerà Lynch con Twin Peaks). Per ora possiamo dire che i personaggi sono proprio come ce li ricordiamo: Lincoln è il solito cucciolone testardo, T-Bag l’inquietante opportunista, Sara è la disillusa con i piedi per terra, mentre C-Note e Sucre sono quelli a cui viene affidata la responsabilità di farci sorridere. E poi c’è Michael, il solito misterioso Michael, con sguardo gelido, nuovi tatuaggi e una (probabile) storyline nelle file del terrorismo islamico dello Yemen: da ingegnere strutturale ne ha fatta di strada.
Prima di tornare a vestire i panni dei fratelli galeotti, Wentworth Miller e Dominic Purcell hanno lavorato insieme in Legends of Tomorrow. In uno degli episodi gli sceneggiatori hanno lasciato che Miller, nei panni di Captain Cold, dichiarasse: “It’s not my firsr prison break”. Siamo arrivati a contare diverse evasioni del ragazzo e questa quinta stagione di Prison Break ne annuncia quantomento un altro tentativo. Per gli scettici che incontrano Scoffield per la prima volta, vogliamo sottolineare una cosa: il finale della 5×01 è stato quasi certamente architatteto e messo in piedi da Michael, nonostante l’addio di sette anni fa. E per concludere con (un’altra) citazione di C-Note: “Greetings from the U.S. prison system, bitches”.
Prison Break è tornato: la recensione dell’episodio 5×01 – Ogygia
La serie con Wentworth Miller incentrata sulla fuga da prigioni di ogni sorta è tornata per una stagione revival, e il risultato sembra convincente.