Burning Sands – Il Codice del Silenzio, presentato lo scorso 24 gennaio al Sundance Film Festival, arriva ora direttamente su Netflix. La pellicola, diretta da Gerard McMurray e da lui scritta a quattro mani con Christine Berg, racconta le dinamiche interne alle confraternite studentesche americane, partendo dal principio che “è più facile allevare bambini sani che riparare uomini spezzati”.
Zurich (Trevor Jackson) è uno studente del college con l’ambizione di diventare medico. Insieme ad altre matricole decide di affrontare il percorso che lo condurrà ad essere membro effettivo di una prestigiosa fratellanza – la Lambda – pur sapendo che ciò significa dover affrontare riti d’iniziazione brutali e un nonnismo spietato. Suo padre aveva tentato la stessa impresa arrendendosi, ma lui non ha intenzione di fallire, perciò si sottoporrà ai sette giorni di vessazioni conosciuti come “la settimana d’inferno”.
Zurich e i suoi amici sono ragazzi brillanti, fragili ma anche stoici. Si spalleggiano per arrivare a ottenere tutti insieme il rispetto cui ambiscono, imparando a poco a poco a sostenersi nei momenti di sconforto e a darsi coraggio nell’intraprendere una strada verso la popolarità che li vede vessati, usati, feriti.
L’idea di un film sui college statunitensi e nella fattispecie sul fenomeno delle confraternite è molto interessante, così come lo è l’assenza della retorica più consunta; ma al contempo si avverte la debolezza di uno sguardo registico che sembra estraneo agli eventi, quasi disinteressato alla denuncia. I comprimari, provati nel corpo e nello spirito per buona parte del metraggio, a volte sembrano sul punto di realizzare quanto sia insano il meccanismo sociale di cui sono vittime, ma il conformismo e l’autoimmolazione finiscono sempre per prevalere sul buonsenso; poco importa se per essere ammessi alla casta si deve mettere a repentaglio tutto, dal rendimento scolastico alle relazioni personali e sentimentali. Verso il finale arriva un tardivo j’accuse, ma il risultato è debole e incerto.
Il comparto tecnico funziona egregiamente, così come le interpretazioni dei giovani attori, ma la debolezza dello script porta a un approfondimento insufficiente dei personaggi e all’assenza di una drammaturgia interna degna di questo nome, con il risultato che non si crea mai una vera empatia, a discapito dei pur timidi intenti di denuncia.
La tematica trattata è di certo di grande interesse, ma l’impressione finale è che Burning Sands fallisca nell’alzare la posta emotiva, indebolendo quindi l’efficacia della violenza psicologica e fisica che vuole raccontare. Considerato il core business della piattaforma di Los Gatos, viene da chiedersi se per Netflix non sarebbe stato meglio investire su una serie TV sulla medesima tematica: di certo ci sarebbe stato più spazio per esplorare le molte implicazioni dello script.
Burning Sands: la recensione del film Netflix sulle confraternite studentesche
Disponibile direttamente su Netflix la pellicola di Gerard McMurray sul nonnismo delle fratellanze americane, presentata al Sundance.