«Ora gioca con me!» Questa frase viene pronunciata da un demoniaco Jude Law nello scontro finale di King Arthur: Il potere della spada. Non ci potrebbe essere parola più adatta per portare avanti un discorso su questa versione della storia di Excalibur come “giocare”, o meglio, “videogiocare”. King Arthur firmato Guy Ritchie è sicuramente una delle espressioni più nette dell’incontro tra grande blockbuster cinematografico e influenze delle narrazioni dei videogames.
Imparando dalla Disney, Ritchie parte dall’infanzia di Artù per poi seguirlo nelle strade malfamate dove cresce forte e tormentato da confusi incubi sul suo passato. Solo dopo aver estratto la spada nella roccia, deve affrontare suo zio per riavere il regno che gli spetta di diritto.
Quando la pellicola rappresenta al 100% lo stile del regista è davvero difficile non volergli bene. È tutto estremamente pop, dinamico, vivace, dalle atmosfere che oscillano tra God of War (armi e creature) e Assassin’s Creed (acrobazie e combattimenti). Basta una manciata di secondi per comprendere che questa terra di eroi e cavalieri è figlia dell’era Game of Thrones (dal quale prende anche qualche membro del cast) con una deriva ancora più nettamente fantasy e action (ovviamente Il Signore degli Anelli docet): i soldati non sanguinano ma si riducono in cenere alla Lord Voldemort, ci sono creature giganti e mostruose in ogni dove e al centro vi è uno scontro tra due razze, maghi ed esseri umani.
Tutto questo si sarebbe avvicinato alle innumerevoli versioni cinematografiche e televisive del passato mentre la vera “magia” di Ritchie è stata quella di riuscire a rileggere e trasformare completamente il ciclo arturiano, senza la paura di incontrare l’odio dei puristi. C’è tantissimo umorismo e la voglia di prendersi poco sul serio: questo è uno dei più grandi pregi di un film d’intrattenimento cialtrone ma dalle forti convinzioni. Questo Artù ha subito lo stesso identico trattamento dello Sherlock Holmes di Robert Downey Jr: il suo passato e il suo presente sono caratterizzati da slow-motion, battaglie a mani nude e storie a incastro dal montaggio serrato che alterna continuamente flashback e flashfoward.
Rispetto al racconto di Conan Doyle, manca un vero interesse per la storia principale, talmente povera narrativamente da non catturare il pubblico; molto più interessanti sono i divertenti siparietti tra i personaggi tra cui spicca un Artù burlone interpretato da Charlie Hunnam: il futuro re indossa un pellicciotto da pubblicità di Calvin Klein e viene chiamato Art dai suoi amici. I soprannomi sono centrali nei racconti a matrioska in cui molti individui hanno lo stesso nome e confondersi risulta particolarmente semplice.
Questo King Arthur dimostra che un grande ruolo accompagna per sempre la carriera di un attore: per questa ragione, ogni volta che Jude Law terrà un discorso davanti a una vasta platea l’ombra di Lenny Belardo farà la sua comparsa. Il suo zio Vortigern è un cattivo dalle grandi espressioni ma dal poco spessore psicologico, ma, arrivati alla battaglia finale, sfoggia la sua armatura da boss di fine gioco.
La pellicola è visivamente epica e curata (i 100 milioni di budget sono stati ben spesi), anche se alcune sequenze potranno lasciare leggermente storditi. Accanto ad Artù, trovano posto un colorito gruppo di cavalieri, veri e propri coprotagonisti della storia tra i quali Aidan Gillen (Ditocorto per i fan de Il Trono di Spade) e Djimon Hounsou. Seguendo l’esempio di Star Wars: Rogue One, la tavola rotonda non è mai stata così multietnica e politically correct; non lamentatevi per la presenza di un orientale nell’Inghilterra di quel periodo perché, di fronte a un fantasy, la verosimiglianza non è richiesta. Siamo certi che se Guy Ritchie lavorerà a un videogioco saremo in prima fila per comprarlo.
King Arthur: Il potere della spada esce nelle sale italiane il 10 maggio distribuito da Warner Bros. Pictures.
King Arthur: Guy Ritchie firma un fantasy pop (recensione)
Il mito di Re Artù viene riletto come fosse un videogioco, calcando la mano sull'aspetto fantastico e confezionando il tutto in modo patinato e dinamico.