Bisogna avere rispetto per gli anziani. Anche al cinema. Con il ritardo di qualche anno, Il crimine non va in pensione, opera prima di Fabio Fulco, segue la scia delle commedie “old oriented” che vanno da Marigold Hotel (più sequel) a Quartet, una tendenza che ora sembra essersi spostata anche nella serialità televisiva (vedi lo straordinario Grace and Frankie). Il regista prende molte stelle del passato in età avanzata e le riunisce nello stesso centro anziani per costruire una commedia corale over settanta.
Edda, una signora di un centro anziani romano, finisce in ospedale a causa di un malore dovuto alla perdita di tutti i risparmi spesi al Bingo; Edda sperava in una vincita per dare una mano alla figlia in difficoltà economiche. I compagni del centro vogliono aiutare la donna in qualche modo, nonostante problemi fisici e di concentrazione: il piano è semplice, rubare il montepremi del Bingo.
I film che hanno come soggetto le età estreme della nostra vita sono tra i momenti più difficili da mostrare al cinema: non è semplice realizzare un film sull’adolescenza senza cadere nella retorica ed è ugualmente complesso farlo con l’età della pensione.
Partendo da un titolo che dice praticamente tutto (nel bene e nel male), siamo già pronti a pensare che la reference principale sia In questo mondo di ladri di Carlo Vanzina. A differenza del film con Carlo Buccirosso e Biagio Izzo, questa pellicola preferisce sentirsi un po’ colta con continui omaggi e citazioni dirette alla storia del cinema, con l’unico risultato di risultare fastidiosa e senza un vero carattere.
Il crimine non va in pensione soffre di una grave assenza: la voglia di raccontare un’età! La pellicola è talmente priva di tratti distintivi che è difficile collocarla in un genere cinematografico: il poster ricorda un cine-panettone ma la storia non è ambientata a Natale, non è una commedia all’italiana, e non è neanche una commedia sugli anziani perché i problemi non vengono minimamente approfonditi. Il racconto corale suggerisce dei personaggi dalle sfumature slapstick che raramente portano al riso; forse, abbiamo la consapevolezza che attualmente i nostri anziani portano dei grandi pesi e responsabilità, perciò tra un personaggio paradossale e un maggior equilibrio avremmo preferito la seconda opzione. Il riscatto sociale è legato alla voglia di farsi giustizia da soli, e l’unico modo per essere felici da anziani sembra essere quello di ricorrere al furto.
I protagonisti non sono veramente dei personaggi ma delle macchiette: si passa da Stefania Sandrelli che è la Valeria Marini del film dei Vanzina all’anziano omosessuale con il vizietto interpretato da Salvatore Misticone, uscito dagli stereotipi sui personaggi gay del cinema italiano anni Settanta. C’è il generale sciapo di Orso Maria Guerrini, il ladro romano professionista di Maurizio Mattioli (che alla fine fa sempre lo stesso personaggio) e un inspiegabile cameo di Franco Nero.
Inoltre, è alquanto arduo immaginare un pubblico di riferimento per questo film: se i giovani non si avvicineranno a un prodotto del genere, i loro nonni – pubblico assiduo nei cinema – potrebbero rimanere scottati dalle rappresentazioni che vengono fatte della loro età.
Non dobbiamo per forza tornare alla crudezza e alla straordinarietà di Umberto D. di Vittorio De Sica per incontrare opere che hanno provato a delineare gli anziani dei nostri giorni; lo ha fatto pochissimo tempo fa Insospettabili sospetti, la commedia americana remake di Vivere alla grande con Morgan Freeman, Michael Caine e Alan Arkin. Non c’è un modo giusto o sbagliato di vivere la vecchiaia, solo modi maldestri in cui mostrarla.
Il Crimine Non Va In Pensione: l’heist movie geriatrico all’italiana (recensione)
L'opera prima di Fabio Fulco diverte con la componente caper ma non riesce a raccontare i suoi protagonisti.