Civiltà perduta (in originale The Lost city of Z) è stato presentato all’ultima edizione della Berlinale, ricevendo tante critiche favorevoli quanto pareri negativi. Come spesso accade, però, la verità sta probabilmente nel mezzo. James Gray gira il suo primo vero “kolossal”(più di 30 milioni di Budget) e lo fa mantenendo lo stesso atteggiamento avuto nei confronti di film come C’era una volta a New York e Two lovers. Il regista americano imbastisce un biopic tradizionale, scritto in modo classico e lineare, mettendo la macchina da presa a pieno servizio della storia, sfruttando poco gli ambienti e le scenografie per mettere al centro dell’inquadratura l’essere umano.
Civiltà Perduta, tratto dal bestseller Z la città perduta di David Grann, racconta l’incredibile storia, basata su fatti realmente accaduti, dell’esploratore Percy Fawcett, che negli anni ’20 scomparve nel cuore delle giungle amazzoniche. Siamo nel 1925, Fawcett si avventura in Amazzonia, alla ricerca di un’antica civiltà – lo splendente regno di El Dorado – con lo scopo di fare una delle scoperte più importanti della storia. Dopo aver catturato l’attenzione di milioni di persone in tutto il mondo, Fawcett s’imbarca insieme al figlio, determinato a provare che quest’antica civiltà, da lui rinominata Z, esiste. Ma la spedizione scompare poi nel nulla. Il film è anche La storia di un sogno che si trasforma in ossessione, quella di un uomo che affronta avversità inimmaginabili, lo scetticismo della comunità scientifica, spaventosi tradimenti e anni di lontananza dalla propria famiglia. Un’ossessione alimentata dalla passione, che cambierà per sempre la vita di questo coraggioso esploratore spintosi forse troppo oltre i limiti del consentito e del conosciuto.
Qui i modelli del regista sono chiari: David Lean da una parte e Werner Herzog dall’altra. Il grande affresco storico di Lawrence d’arabia e l’esplorazione folle dell’amazzonia selvaggia e pericolosa di Fitzcarraldo. Ci sono i nativi, le tribù, le armi rudimentali, la fame e la sete; c’è soprattutto il pericolo inteso come rischio necessario per la scoperta. Gli esploratori devono sfidare la morte, correre verso l’ignoto, accettare il rischio di non tornare più a casa. Ci sono, insomma, molti degli elementi legati al capolavoro tedesco con Claudia Cardinale.
Ci sono però anche diversi ritorni in Inghilterra, tante visite a casa, sequenze che riguardano la famiglia del protagonista, momenti legati alla vita normale del nostro eroe.
Tuttavia, Nonostante i ben 141 minuti di durata, la pellicola risulta in qualche modo “corta”. Non perché il tempo voli (anzi) ma perché ’attenzione al dettaglio che Gray manca di curare, fa sì che in troppi momenti lo spettatore non riesca ad entrare davvero nel clima “letale” della giungla. Certo, ogni tanto l’imbarcazione di Fawcett si vede arrivare frecce dagli argini del fiume, talvolta perde il cibo per le forti onde che agitano la zattera o deve medicare la ferita di un membro dell’equipaggio. Eppure non ci si sente mai parte del clima tropicale di quei luoghi, come invece succede in Fitzcarraldo. Nel cult di Herzog, lo spettatore si sente catapultato nel “fastidio” che il luogo provoca: l’umidità, l’impossibilità di percorrerlo, il pericolo di essere morso da qualunque cosa si muova, la totale ignoranza verso la topografia e le culture nelle quali gli esploratori si trovano.
Non siamo mai portati all’interno di un modo esotico. Sembra quasi che la giungla e gli alberi siano stati ricostruiti in studio. I nativi, a differenza di film come Apocalypse now o lo stesso film di Herzog, sembrano più attori che interpretano selvaggi, piuttosto che vere tribù istruite a recitare se stesse nel film.
Solo un ottimo Robert Pattinson in veste di spalla, una buona prova del protagonista Charlie Hunnam (chiamato a sostituire Brad Pitt) e il rigore metodico della macchina da presa di James Gray tengono bene o male a galla una pellicola decisamente vecchia, costruita e impostata sui modelli del cinema Hollywoodiano classico. L’eroe, in Civiltà perduta, è “assoluto”. Viene riempito di onori e di medaglie, i concittadini non gli credono quando racconta di aver trovato dei reperti appartenenti ad un’antica città e lui, cionnonostante, sfiderà la sorte per dimostrare di avere ragione.
L’investimento è stato ingente, ma soprattutto, è stato forse eccessivo nei confronti di un regista come James Gray, incapace di “andare oltre”, di stupire, di fare più di quello che in termini sportivi spesso si definisce “compitino”. Porta a casa un lavoro normale, capace di eccellere solo nella bellissima sequenza finale. Lo troveremo nelle nostre sale dal 22 giugno su distribuzione Eagle Pictures e Leone Film Group.
Civiltà Perduta: Hunnam e Pattinson alla ricerca di El Dorado (recensione)
James Gray firma un avventuroso bio-pic sul leggendario esploratore britannico Percy Fawcett e sulla sua ricerca di El Dorado.